PLASTIC DORIANNE IN LOVE (scultura, performance cantata)

15/04/2016

PLASTIC DORIANNE IN LOVE (scultura, performance cantata)

La ricerca artistica di Beatriz Millar sulle numerose contraddizioni del nostro tempo prosegue con una nuova, pungente performance dal titolo Plastic Dorianne in Love, incentrata sui concetti di essenza e purezza. In preparazione a questa performance l’artista si è sottoposta per oltre un anno ad un training vocale intensivo, finalizzato alla ricerca e al controllo dell’emissione sonora più pura.

Usando la propria voce come medium, Millar intende infrangere le convenzioni estetiche e formali concentrandosi sull’essenziale, impiegando il suo respiro come veicolo di comunicazione fra il suo cuore, le sue emozioni e il mondo.

La Plastic Dorianne del titolo non è che l’alter ego di Millar, presentato in questo evento come una scultura in silicone a grandezza avente le fattezze dell’artista a grandezza naturale ma dalle particolarità somatiche ipertrofiche. Questo clone di plastica sembra incorporare tutte le qualità fisiche ricercate nella società contemporanea. Con la sua pelle compatta e tonica, le labbra gonfiate, i grandi occhi, seni prorompenti e un corpo scolpito, Dorianne si presenta al pubblico della performance seduta ad un pianoforte automatico nero, decorato da Millar con numerosi tatuaggi tribali. Attraverso questi tratti in bianco su nero l’artista richiama i tatuaggi tanto in voga nella cultura occidentale contemporena, tanto ossessionata dall’esibizionismo ma riluttante a mostrare con orgoglio rughe e cicatrici, magnifici segni che testimoniano il nostro viaggio attraverso la vita, che vengono però respinti e nascosti a causa delle loro sincere qualità rivelatorie. Il pianoforte tatuato e i molti interventi di chirurgia estetica a cui Dorianne sembra essersi sottoposta evocano l’idea della maschera e del travestimento, che Millar indaga creando un contesto in cui l’osservatore è posto dinnanzi all’epitomo del falso e del superficiale controbilanciato contestualmente dal potere immateriale della voce, qui suonata dall’artista come un arcaico strumento musicale in grado di connettere la sfera fisica – la spinta dell’aria dovuta all’espansione del diaframma – a quella emotiva. 


L’aspetto punk-rock e aggressivo di Plastic Dorianne è palesemente distaccato dal repertorio musicale scelto per la performance vocale – una selezione di undici intense canzoni d’amore degli anni 30, 40 e 50 – cantate da Beatriz Millar nello spazio espositivo indossando il medesimo abito e trucco del suo clone “migliorato”, causando un corto circuito visivo e temporale. La performance musicale della Millar è inoltre incisa su CD a disposizione dei partecipanti all’evento. Le canzoni scelte trasudano passione, sentimento, giocosità e arroganza, scandite attraverso un ampio spettro di emozioni incanalate e dirette dall’artista al suo pubblico attraverso la voce. Lungi dal ricercare l’eccellenza musicale, Millar è determinata a volere comunicare nella sonorità più pura e immodificata, libera da costruzioni e costrizioni.

L’artista suggerisce una riflessione sugli sforzi che dedichiamo a rincorrere l’illusione dell’eterna giovinezza e bellezza, trascurando di conseguenza la cura della nostra interiorità, che soffre in questo suo imprigionamento. Convinta che si tratti di una pura illusione, Millar si domanda quale sia il fine ultimo di una battaglia persa in partenza contro il tempo; l’ossessione che abbiamo sviluppato per il nostro “guscio” spesso risulta in grotteschi e narcisistici tentativi che non fanno altro che rivelare la fragilità della materia di cui siamo fatti e la superficialità su cui si basano i rapporti fra esseri umani.

Per l’artista, quindi, la voce resta il solido baluardo del cuore, in grado di rivelare debolezza e forza, rabbia e pacatezza, incurante dei tragici tentativi di vincere una battaglia nel nome della banale contemplazione estetica.

Come un Dorian Gray contemporaneo, Millar vorrebbe che la sua controparte sintetica Dorianne fosse in grado di assorbire i suoi problemi, i conflitti psicologici e le ansie, permettendole in questo modo di vivere in uno stato di pacifica coscienza. Eppure, anziché celare il patto sugellato con il diavolo come il noto personaggio di Oscar Wilde, l’artista mette in mostra Plastic Dorianne in tutta la sua gloriosa bellezza, come a volere disincarnare la verità dalla forma fisica in cui essa risiede. Non si tratta certamente di una missione semplice, poiché essere nudi ed esposti richiede sacrificio e coraggio. Le canzoni scelte da Millar sono ricolme di melanconia – molte di queste furono scritte e interpretate in periodo di guerra – ed esplorano la malleabilità dei sentimenti, la loro incostanza e, spesso, fanno riferimento all’amore come alla più grande delle illusioni. Con Plastic Dorianne in Love Millar raggiunge un nuovo livello di coscienza, sbarazzandosi di patti diabolici e apparenze in favore della purezza, cercando nella sua voce l’immateriale e tormentata essenza dell’amore.