Nata nel 1967 a Einsiedeln in Svizzera.
Vive e lavora a Toscolano sul Lago di Garda.
Pensiero d'orientamento:
Beatriz Millar si confronta nella sua opera con il tema della dualità tra forma e sostanza, tra verità e artificiosa realtà del quotidiano. Evidenziando una quotidianità illusoria fatta di allarmanti superficialità l’artista denuncia con la sua arte il profondo sbilanciamento del nostro mondo. L’uomo “sensuale” di quest’ultimo secolo ha concesso al più illusorio dei sensi - la vista- la conduzione della propria vita. Lo spirito dell’ artista si ribella alla società occidentale basata sull’apparenza. L’utilizzo di effimeri espedienti nella sfida contro il tempo, l’esaltazione del senso materialistico della vita ed il suo consumo vengono analizzati nel suo lavoro evidenziandone, ironicamente, la precarietà e vanità.
Il fil rouge che, in una disanima accorta ed ironica, accompagna le sue opere emerge in “MAKE UP THE TREE” (2005) dove l’artista osserva e ammira la natura ed in essa trova la sua maestra e ispiratrice. L’albero che seguendo la naturale evoluzione muta e si trasforma di stagione in stagione mantiene un centro, un’anima interiore viva e autentica, Millar, giullare alla corte dell’arte, gioca e provoca interpretandolo secondo la sua poetica.
L’ha fatto soprattutto con la scultura - istallazione “CLOWN CLONE AND THE PIANO TATTOO” (2007). L’installazione, realizzata attraverso la scultura e l’accompagnamento di un pianoforte, mira a rappresentare un Io fisico clonato – come afferma l’artista – un alter ego che la rappresenti mentalmente e fisicamente.
L’opera ironizza sulla fuga dalla noia di un’esistenza chiusa su se stessa, spinta dall’eterna ricerca di una perfezione irraggiungibile che a sua volta diventa foriera di un narcisismo ed di un ego smisurato. Questa disperata lotta per il raggiungimento della sfera di un sé ideale e della perfezione può solo condurre alla deformazione ed alla decadenza interiore ed esteriore dell’Io clonato, a meno che non riesca a ritrovare la salvezza nel risveglio verso un mondo di diversità.
Dal corpo sonoro del pianoforte, tatuato da cicatrici tribali ed arcaiche, escono delle melodie malinconiche composte e cantate dalla musicista svizzera Helena Stocker che ha saputo, attraverso la sua sensibilità musicale, trasformare ed interpretare i testi poetici di Beatriz Millar.
In altri lavori, quali “pheNOMENon of mOMENts” (2007), grandi edifici pulsanti sentono l’afflato del mondo, superfici e pareti concave o convesse percepiscono lo scorrere del tempo con un vissuto quasi surreale.
E’ in “KISSES” (2006) che si evidenzia la necessità di abbandonare l’apparenza e usare altri strumenti per percepire l’umano: un flusso energetico rispecchiato e misurato in un’immagine termografica. In essa si legge lo scioglimento dell’ego nello spazio, l’individuo integrato in un ordine superiore, senza limiti né frontiere finalmente in un tutt’uno che scorre e mai si ferma.
“MORNINGDIARIES” (2004) è il diligente e preciso diario fotografico del mattino, che Beatriz Millar tiene da oltre 15 anni; ancora una volta la natura nei suoi quotidiani e molteplici cambiamenti ritratta sul lago di Garda. Giorno dopo giorno il minuzioso e preciso diario coglie l’Anima mundi. Le immagini sono state rielaborate, umanizzate con l’impronta di una bocca e corredate da un pensiero, come moderne cartoline giganti che l’artista invia all’umanità.
“CRYSTAL VIEW” (2008): l’Occhio come mandala con decorazioni geometriche (RGB:red, green, blue di Photoshop), incisioni su plexiglass. Nella performance “HAMARTANEIN” (2008), dal greco “mancare il segno”, vengono presentanti sedici dischi coloratissimi come bersagli da colpire, dove il pubblico veniva invitato a colpire un centro prescelto.
“BEATRIZIFAL’S TAROT” (2000) sono 22 tavole in legno che raffigurano i 22 Arkana maggiori dei tarocchi, che Beatriz Millar ha utilizzati nella sua “Tête-à-tête Performance” ad Artfirst 2010 raccontando e “vedendo” storie nel suo “Bianco-Nero-Rosso” Habitat.
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